Il fatto che i tassi di reintervento a seguito di un intervento mammario conservativo siano maggiori per le donne con diagnosi di carcinoma duttale in situ (DCIS) che per quelle con tumori invasivi non è una vera e propria novità, ma rinforza il messaggio secondo cui i medici dovrebbero consigliare le pazienti in modo che comprendano che potrebbero rendersi necessari ulteriori interventi.
Lo ha ribadito un recente studio condotto su 4.500 pazienti da Linnea Langhans dell’Università di Copenhagen, che rammenta anche che i reinterventi comportano significative difficoltà fisiche, psicologiche, cosmetiche ed economiche. I dati raccolti evidenziano l’importanza della localizzazione di precisione di un DCIS non palpabile.
I margini delle lesioni DCIS non sono ben definiti, ed è difficile determinare la misura in cui esse si estendano nel tessuto mammario, il che probabilmente giustifica l’elevato tasso di reinterventi rispetto ai casi di tumori invasivi. Il miglioramento delle indagini radiologiche pre-operatorie potrebbe essere di beneficio ad una piccola percentuale di pazienti che potrebbero essere allocate alla mastectomia immediata anzichè alla chirurgia conservativa, per quanto questo sottogruppo non sia stato identificato dallo studio. L’impiego diffuso dello screening mammografico, comunque, incrementerà di certo il numero di pazienti con diagnosi di DCIS.
fonte: JAMA Surg online 2016, pubblicato il 21/12